sul sito http://www.jazzconvention.net recensione di Fabio Ciminiera
sul sito http://www.romainjazz.it recensione di Fabrizio Ciccarelli
sul sito jazztimes.com recensione di Bill Milkowski
sul sito italyallaboutjazz recensione di Libero Farnè
“Seven” Dino & Franco Piana septet
Dino e Franco Piana hanno chiesto, per questo loro disco, la collaborazione di alcuni colleghi fra i più qualificati, Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Enrico Pieranunzi, oltre a Luca Mannutza, Max Ionata, Roberto Gatto e Giuseppe Bassi, con i quali hanno realizzato questo nuovo lavoro pubblicato da AlfaMusic, che da oltre vent’anni porta nei propri studi molti fra i migliori musicisti italiani realizzando dischi di grande interesse.
Questo è il primo dedicato a Dino e Franco Piana e Franco, ancora una volta, ha dimostrato le sue indubbie qualità di compositore e arrangiatore. Cresciuto alla scuola di suo padre Dino, ma anche a quella di Oscar Valdambrini e Gianni Basso con i quali ha lungamente collaborato, Franco, possiede quelle doti che aveva già evidenziato quando entrò a far parte di quel gruppo che fu il più longevo del jazz italiano. In queste registrazioni la sua scrittura per quattro strumenti a fiato e sezione ritmica ricorda quella per grande orchestra, anche se Bosso, Ionata, Dino e Franco suonano spesso in contrappunto.
Il disco si apre con “Open Dialogues”, una suite in quattro movimenti di grande intensità,
introdotta stupendamente da Pieranunzi; nella partitura, come Gil Evans quando scriveva per Miles Davis, Franco Piana inserisce momenti liberi in cui i solisti possono sempre mantenere in vita quel bene prezioso del Jazz che è l’improvvisazione dove Bosso usa la tromba e Franco il flicorno.
Solo in “Dark Eyes” (tema originale di Franco Piana, non quello, dallo stesso titolo, di derivazione popolare) ambedue suonano lo stesso strumento. Fabrizio lo si ascolta nel primo assolo immediatamente seguito da Franco. Tutti i solisti hanno l’ambizione di soggiogare e affascinare l’ascoltatore, sottoponendolo ad una tensione crescente. La sequenza dei tre assolo, in “Asimmetrico”, con Bosso impetuoso il cui timbro ricorda quello delle orgogliose trombe di Harlem in cui l’idea iniziale si sviluppa continuamente sino all’estremo dell’ispirazione, Franco lirico, toccante in cui l’emozione è controllata da una severa disciplina, Luca Mannutza che in questo disco dimostra capacità sorprendenti, danno vita a momenti di grande energia.
Su Dino Piana non posso far altro che ripetere ciò che ho scritto nelle pagine a lui dedicate nel volume “Il Jazz in Italia dallo Swing agli anni Sessanta”: “Immediatamente riconoscibile oltre che per lo stile, anche per l’intonazione, il vibrato, l’attacco e la sonorità che in lui si fa vigorosa”. Ed il suo stile così personale è ben in evidenza nelle parti improvvisate in “Open”, ma anche e soprattutto nel già citato “Asimmetrico” dove prepara la strada a Max Ionata ed agli altri, in “Step
by step” in un serrato dialogo con Enrico Rava (impeccabile come sempre per classe ed originalità) e nel veloce “Eighty and one” con uno straordinario Giuseppe Bassi oltre ad un assolo finale assai ben costruito di quell’eccellente batterista che è Roberto Gatto, la cui carriera è costellata di momenti importanti e non solo per il Jazz Italiano.
Pieranunzi, al cui fraseggio, così straordinariamente personale, il mondo del Jazz non finisce mai di stupirsi, si ascolta a lungo nel lirico “Sunlight” un altro di quei temi, come “Your Smile”, in cui Franco Piana dispensa a piene mai la sua sensibilità di compositore.
Max Ionata è con Fabrizio Bosso, classe 1972 il primo, 1973 il secondo, il più giovane di questa All Stars riunita da Dino e Franco Piana. Con una importante carriera ed un’altrettanta significativa discografia, ha inciso anche con alcuni dei musicisti presenti in questo disco come Luca Mannutza, con cui ha studiato armonia e Fabrizio Bosso al quale è legato da una vicinanza stilistica assai considerevole. Anche se come Sonny Rollins ha l’arte di contrapporre le note passando dal registro grave all’acuto e di John Coltrane possiede il timbro spietato e penetrante, Max Ionata ha una spiccata personalità che lo pone molto in alto nel Jazz Italiano di oggi, così straordinariamente creativo.
Ciò che colpisce, infine, in questo disco è la straordinaria qualità del suono. Una ripresa perfetta in cui tutti gli strumenti sono registrati in modo impeccabile. Adriano Mazzoletti
Dino Piana, Franco Piana
Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto, Fabrizio Bosso, Max Ionata, Luca Mannutza, Giuseppe Bassi, Enrico Rava.
N. Cat: AFMCD154
Bar Code: 8032050012049
C&P 2012 AlfaMusic – All rights reserved.
Executive production: Alessandro Guardia & Fabrizio Salvatore for AlfaMusic
Artistic production: Roberto Gatto
Production Supervision: Fabrizio Salvatore
In studio con Franco Piana.
Grottaferrata, Forward Studio. 28.10.2011.
Dino Piana è una delle figure di spicco della storia del jazz italiano. Dal sodalizio con Gianni Basso e Oscar Valdambrini agli incontri con i più importanti musicisti internazionali, il trombonista ha messo in luce una visione classica e briosa del jazz, solida e lirica, e ha dato vita ad esperienze e lavori sempre coerenti e attenti all’espressione personale, a uno stile identificabile. Negli ultimi decenni, il sodalizio stabile con il figlio trombettista Franco ha portato di nuovo l’attenzione sulla dimensione orchestrale del percorso di Dino Piana. Formazioni ampie – dal sestetto fino alla big band – per dare una continuità a un lavoro che sin dalle prime esperienze ha visto il trombonista in ensemble dove la scrittura, l’arrangiamento e il lavoro fianco a fianco con gli altri solisti e l’dea di sezione sono una parte fondamentale del concetto musicale. Un tributo a questo aspetto del mondo musicale dei Piana è il disco che hanno appena registrato con una vera e propria all-star formata da Fabrizio Bosso, Max Ionata, Enrico Pieranunzi, Luca Mannutza, Giuseppe Bassi e Roberto Gatto, con Enrico Rava ospite in un brano. Abbiamo incontrato Franco Piana e Fabrizio Salvatore di Alfa Music nei Forward Studio, alle prese con il missaggio dei brani. «Il missaggio è sempre difficile. Si mettono in evidenza alcune cose, se ne possono trascurare altre. Lavorare con Fabrizio e Alessandro (Fabrizio Salvatore e Alessandro Guardia di AlfaMusic – n.d.r.) mi fa sentire in buone mani.»
«Ho scritto i brani, prosegue Piana, e avevo in mente di realizzarli con un gruppo di quattro fiati più la ritmica. Poi ho sentito Roberto Gatto e abbiamo deciso la formazione: grandi musicisti di livello internazionale. Ci conoscevamo già e con molti avevamo già suonato insieme. Subito dalla prima prova ci siamo trovati bene. Con quattro fiati e con la mia abitudine a scrivere per big band, il discorso è diventato quasi subito e necessariamente orchestrale. Certamente ho cercato di variare la scrittura, usando i quattro fiati in contrappunto.»
«Normalmente questo è uno studio dove si registrano produzioni pop, interviene Salvatore. Oltre alla qualità delle attrezzature e all’ampiezza delle sale, c’è proprio un’idea complessiva di star bene legata a un periodo di lavoro più lungo rispetto alle produzioni jazz.» La necessità di registrare un ensemble così ampio, con tutti i musicisti in sala ha costituito l’occasione per dare vita all’incontro tra due realtà geograficamente vicine. «È capitato al momento giusto in maniera naturale e non programmata. Con Massimo c’era da tempo l’idea di fare qualcosa insieme per unire le nostre competenze, da una parte la nostra presenza e le nostre relazioni nel mondo del jazz, dall’altra la loro struttura, con il posto, le macchine e il loro supporto tecnico.»
«Altre volte avevamo realizzato delle cose più ampie, oltre il quartetto per intenderci, prosegue Salvatore. Siamo andati in un teatro nei pressi di Cinecittà, vicino i nostri studi. Certo è complicato: dobbiamo smontare delle cose nello studio, affitarne altre… Questo lavoro può diventare anche un biglietto da visita per il connubio che siamo riusciti a realizzare con la Forward: tutto è nato da una telefonata di Roberto Gatto, che ci proponeva appunto il settetto di Dino e Franco Piana. Ci siamo incontrati e abbiamo messo in piedi il lavoro: non avevamo mai avuto l’onore di collaborare con Dino e Franco Piana, ma avevamo già collaborato con altri esponenti di quella generazione, come Nicola Arigliano, Franco Cerri, Enrico Intra. Il progetto ci è piaciuto molto e l’esigenza di aver bisogno di uno studio grande per la formazione ha creato l’occasione: speriamo che questo disco segni l’inizio di due collaborazioni durature con i Piana e con lo studio. Tra l’altro con questo lavoro torniamo anche in parte all’analogico in tutta la fase della produzione, lavorando con un banco analogico e riversando il tutto sui nastri da mezzo pollice, sia per una questione di suoni sia con l’intenzione di stampare il vinile.»
Il disco è in maniera naturale anche un riconoscimento al percorso di Dino Piana, come viene messo in luce da tutta una serie di fattori: la scelta della formazione, la dimensione orchestrale e l’importanza dello studio. «Ho composto un brano veloce, swingante, adatto a lui, alla sua freschezza. Si chiamerà Eighty and one, vale a dire la sua età, ed è naturalmente una dedica a mio padre. Tutti i musicisti sono venuti a suonare con noi con grande entusiasmo. Appena li abbiamo chiamati ci hanno dato la loro disponibilità: non è stato facile trovare i giorni in cui tutti potessero essere liberi.» L’omaggio prosegue in un ritorno al passato, con la formazione che si è sottoposta al lavoro delle prove, con i musicisti tutti insieme in studio e con la presenza di una suite di quasi venti minuti suonata dal vivo, in studio. «La suite è abbastanza complessa nella sua costruzione. Abbiamo provato bene – perchè comunque ci sono parti scritte – per registrare, quasi necessariamente alla prima take. Ho cercato di integrare parti scritte e spazio per i solisti. La suite si chiamerà Open dialogues, proprio perché ci sono dialoghi tra i vari musicisti, tra i fiati e la ritmica: ho fatto in modo di creare lo spazio per l’interplay e gli assolo di tutti gli interpreti.»